scribble

Scrittura Cooperativa V2

non sappiamo dove arriveremo, e noi stessi non abbiamo idea di come faremo.
Lista Capitoli Ultimo Racconto Primo Racconto Chi siamo

02 Aug 2008
Capitolo 1 - Racconto 6 - Lavorare in queste condizioni



“Nonostante le guerre, gli orrori e i disastri internazionali, malgrado gli anni che passano e gli eventi che si susseguono, il lunedì è sempre una fottuta giornata di lavoro!”
Carlos se ne uscì con queste parole pensando che esse avrebbero fatto insorgere una risata, anche strozzata, all’interno dell’ufficio.
Al contrario di quanto pensasse, però, nessuno dei presenti espresse alcun commento o mostrò apparenti modifiche sui tratti del volto.
“Vedo che oggi siete più simpatici del solito..” continuò Carlos, sedendosi alla sua scrivania.
Nella stanza - un grosso vano di forma quadrata posto ad un piano non molto elevato di un palazzo per uffici, altro circa quattro metri e con una parete totalmente vetrata - erano in almeno una quindicina, ma Carlos aveva stretto rapporti di amicizia solo con un paio dei presenti, Helena e Bob.
Helena era la tipica ragazza che tutti avrebbero voluto sposare, ma purtroppo era già sposata da tempo. Capelli biondi sempre raccolti in una coda, corpo un po’ troppo esile ma piacevole allo sguardo, pelle chiara, visino dolce ed occhi verdi, quasi inutile aggiungere che fosse dotata di una gentilezza illimitata.
“Ti sei sposata così giovane che hanno dovuto celebrare il tuo matrimonio assieme alla tua prima comunione” le diceva sempre Carlos, scherzando. Helena si era sposata appena compiuti i diciotto anni.
Bob, detto anche Bobby o Robby, ma in ogni caso mai Robert, era invece un uomo sulla quarantina. Leggermente sovrappeso e alto poco più di un metro e settanta, carnagione scura ma pelle curata come quella di una donna, era famoso in ufficio per la sua capacità di correggere, timbrare e rilegare centinaia di relazioni in poche ore.
Quest’ultimo aveva la scrivania adiacente a quella di Carlos, li dividevano solo un pannello di cartongesso posto perpendicolarmente al terreno.
Bob fece capolino dal pannello e invitò Carlos, con un gesto della mano, ad avvicinare l’orecchio, un po’ come fanno le signore quando si danno ai pettegolezzi.
“Non è giornata di battute oggi, Carlos.” disse sottovoce Bob “Prima che tu arrivassi è passato il Colonnello Bertham e si è raccomandato di mantenere un atteggiamento professionale per tutta la giornata!”
“Per qual motivo? Sta per farci visita qualcuno dei piani alti?”
“Esattamente, ma non saprei dirti chi…in ogni caso il Colonnello sembrava piuttosto agitato.”
“In senso positivo? Eccitato?”
“No, tutt’altro, diciamo teso ed irrequieto.”
“Ah…ok, vedrò di contenermi.”
Carlos si pose dunque composto sulla propria sedia, quasi come un manichino. La sedia di Carlos era la più grande in ufficio, se l’era portata da casa perché quelle “di serie” risultavano un po’ scomode per il suo metro e novanta di altezza.
Aveva la carnagione chiara, i capelli castani ed un fisico robusto. “Un ottimo cervello, ma nell’accostare vestiti di colori diversi una vera frana.” Gli rimproverava sempre Helena.
Era stato nell’esercito per qualche anno, ex-ufficiale, aveva combattuto la terribile battaglia di Madrid del 2034 ed era anche uno dei pochi tornato vivo da essa. Si dimise dagli incarichi sul campo subito dopo il suo ritorno e si dedicò ad attività d’ufficio nella periferia di Manchester, sempre per conto dell’esercito inglese. “lavoro meno salutare ma più longeve” diceva lui.
Quella battaglia fu una vera strage per l’esercito inglese e tutto l’ufficio si chiedeva come Carlos potesse aver mantenuto vivacità e senso dell’umorismo nonostante gli orrori che doveva aver visto e subito.
Helena gli fece un gesto di saluto da poco lontano che lui ricambiò mentre accendeva il proprio computer.
“Uff, ho un sacco di roba da leggere.” Pensò tra sé e sè, mentre scorreva le innumerevoli email ancora non controllate.
Iniziò il suo minuzioso lavoro, nell’ufficio c’era il classico rumore di telefoni che squillano e il brusio di sottofondo.

Passò una mezzora, forse poco più, quando il computer di Carlos si bloccò di colpo, rimanendo fisso sulla schermata ed emettendo un BIIIP di un paio di secondi.
“Cazzo! Si è bloccato!” esclamò.
Bob si affacciò per controllare e rispose:
“Era meglio quando i monitor non li facevano olografici, almeno in questi casi ti potevi sfogare colpendoli!”
“Non sai quanto hai ragione, Bob…”
Dal fondo della stanza si sentirono altri due BIIIP. “Non sono solo!” pensò Carlos quasi compiaciuto.
BIIIP
Anche il computer di Bob si era bloccato.
“Ma che sta succedendo??” Domandò quest’ultimo, apparendo alquanto indignato dell’accaduto.
BIIIP, BIIIP, ogni computer della stanza andava bloccandosi e nessuno riusciva a capire perché.
Iniziò il vociare delle persone, la gente stava sbraitando e i più furbi che avevano spento tutto prima che anche le loro apparecchiature subissero la stessa sorte, si accorsero che non riuscivano più ad accenderle.
“Ci dev’essere un guasto.”
“Qualcuno faccia qualcosa!”
“Ore di lavoro sprecate!”
“Al diavolo!”
“Non si può lavorare in queste condizioni!”
Tutto l’ufficio stava perdendo la calma, tranne Carlos che sembrava aver già mandato giù quest’amaro boccone e se ne stava seduto sulla sua sedia a fissare il monitor bloccato sulla stessa immagine ormai da minuti.
“Ho letto questa mail di conferma ordine almeno venti volte!” disse, riuscendo stavolta a provocare un paio di risate.
Alcune persone si affacciarono dai corridoi di collegamento con le altre aree dell’edificio lamentando lo stesso problema.
Helena si era avvicinata a Carlos e Bob ed avevano iniziato a discutere su come e quando i tecnici avrebbero risolto e riparato il guasto.
“Vabbeh, approfitto di questa improvvisa pausa per chiamare mio marito!” disse Helena, estraendo il suo cellulare dalla tasca dei jeans.
“Uh, non funziona nemmeno il cellulare.”
Bob lo osservò:
“Già, non funziona! Ah ah, che ironica la vita eh?”
Carlos, quasi istintivamente, prese il proprio telefonino e lo controllò.
“Non funziona nemmeno il mio..”
“Che cosa buffa, ci dev’essere qualche interferenza!”
“Alla faccia dell’interferenza, Helena!”
“Ma che ci capisci Bob, zitto tu!”
Carlos era diventato improvvisamente silenzioso, fissava il cellulare e poi guardava fuori dalla finestra.
“Sapete..” disse “..conoscevo un’arma che aveva un effetto simile a questo.”
“Ma Carlos,” lo riprese bob “cerca di non creare allarmismi. Non è il caso.”
“Sì, però..è strano, non trovi?”
“Lo è, però conosciamo tutti gli effetti delle bombe a impulsi elettromagnetici e le luci qui sono ancora tutte accese, nemmeno un lampeggìo.”
In quel momento dalla strada apparve una lunga limousine, scortata da due mezzi rinforzati dell’esercito inglese.
L’auto parcheggiò sotto l’edificio, di fronte all’ingresso colonnato. Carlos e gli altri la osservavano dall’alto mentre le portiere si aprivano ed usciva un uomo in veste militare.
“Ha così tante targhette brillanti che sembra un albero di natale!”, ulteriore battuta di Carlos finita con una risatina.
L’uomo, scortato da numerose guardie del corpo, entrò nel palazzo.
Intanto il guasto alla rete informatica era ancora irrisolto; un signore dell’amministrazione era venuto a dire che il problema era alla centrale e che entro poco tutto sarebbe tornato apposto.
Nell’ufficio stavano tornando tutti a sedersi alle rispettive scrivanie ed i toni apparivano più pacati.

Carlos però era rimasto a fissare fuori dalla finestra, da solo; lo skyline mostrava una serie di alti palazzi per uffici dall’altro lato della strada. A circa cinquecento metri a destra questa terminava con una curva secca, mentre dall’altro lato proseguiva per chilometri.
Era sicuro che qualcosa non quadrasse: “Un guasto alla centrale…cosa c’entrano i cellulari con la centrale?” pensava, ma si rendeva conto che ‘l’uomo solo che capisce che qualcosa non torna mentre tutti gli altri sono sereni e tranquilli’ era una prerogativa di tanti film e che poco spesso corrispondeva alla realtà.
“Vieni a sederti, Carlos!” le urlò Helena amichevolmente, esso fece per voltarsi ma si arrestò di colpo quando intravide una sagoma metallica spuntare da in fondo alla strada.
Lo riconobbe all’istante, era un grande carrarmato simile a quelli che aveva guidato lui pochi anni prima, anche se di una generazione più innovativa.
Il carrarmato si pose perpendicolarmente alla strada, in modo da bloccare l’accesso veicolare alla curva. Era distante dall’ufficio perlomeno trecento metri.
Delle automobili che si trovavano lungo la strada in quel momento si fermarono e i primi colpi di Clacson iniziarono a riecheggiare.

Un tonfo sordo, durato un paio di secondi, smosse l’edificio e richiamò l’attenzione di tutti i dipendenti presenti nell’ufficio.
Uno strano silenzio si assestò nella stanza, quella pace che non fa star bene nessuno, quella quiete cui segue sempre un urlo o un respiro di sollievo, ma che di per sè rappresenta soltanto timore ed un cuore che non batte.
Le persone fissavano il soffitto che lasciava cadere piccoli granellini di intonaco e vernice. I primi commenti uscirono dalle bocche di chi non era immobilizzato per la paura:
“Sembrava un’esplosione!”
“Veniva dai piani alti!”
“Che succede? Mio dio, che succede?”
Carlos lanciò un’occhiata a Bob, il quale continuava a fissare il soffitto mentre la sue mani tremavano come foglie al vento. Helena invece guardava a sua volta Carlos, con il terrore negli occhi e un punto interrogativo in fronte.
Nessun allarme anti-incendio che suonasse, nessuna sirena all’esterno, nessun allarme ‘Attacco Cittadino’, tutto sembrava normale.
BOOM, un altro tonfo sordo più potente del precedente, sempre dai piani alti. Altri granelli di intonaco, numerosi oggetti sulle scrivanie in vibrazione, qualche sedia a terra.
Una voce robotica uscì forte dagli altoparlanti:
“Mantenete la calma, stiamo testando delle nuove apparecchiature. E’ tutto normale, mantenete la calma.”
Il brusio aumentò di intensità, la gente iniziò ad alzarsi nuovamente, a prendere i cellulari cercando di farli funzionare, ad avvicinarsi alle uscite cercando di mostrare un apparente calma.
Carlos guardò nuovamente fuori dalla finestra, nessuno si era avvicinato ad essa e lui, seppur intimorito, decise razionalmente di continuare a guardare all’esterno.
“Il carrarmato non ha sparato.” disse tra sé e sé "e poi non era un guasto dovuto alla centrale?".
Un gruppo di uomini in corsa uscì dall’edificio, con loro c’era anche il militare pluri-decorato che era entrato poco prima.
Quest’ultimo si fiondò all’interno della sua limousine, la quale sgassò in direzione opposta al carrarmato. I mezzi corazzati di scorta, invece, non si mossero.
Carlos fu raggiunto da Helena la quale gli strinse forte il braccio.
“Ho paura Carlos..usciamo perfavore.”
Molti stavano andando via dall’ufficio, altri invece cercavano di tranquillizzarsi mentre la voce robotica continuava a ripetere che stavano testando dei macchinari. Bob sembrava meno intimorito ma non del tutto calmo, si era alzato e stava rimettendo apposto le sue cose quando disse.
“Io vado a casa, questo è un pessimo lunedì.”
Helena notò il carrarmato in strada ed impallidì immediatamente, ma Carlos le strinse le mani e le fece cenno di stare tranquilla, poi si rivolse a Bob.
“Bob, vieni qui, dove vai? Non è saggio uscire dal fronte adesso, passiamo dall’uscita secondaria attraverso le scale.”
“E perché mai?”
Carlos sapeva che era meglio non far vedere anche a Bob il carrarmato per strada e così si allontanò, assieme ad Helena, dalla finestra.
“Tu fidati. Andiamo, presto, non portare nessun oggetto con te.”
Mentre si esprimeva con questo tono autoritario Carlos sembrava tornato ad essere un vero ufficiale militare.
I tre si incamminarono in direzione dell’uscita d’emergenza che dava nel vano scale di servizio. Un altro dipendente fece per seguirli ma poi ci ripensò.
Erano al quinto piano ed iniziarono a scendere verso il piano terra, per le scale avevano incrociato altre quattro o cinque persone che si erano aggregate.
“Avete visto il carrarmato?” disse uno dei presenti.
“Quale carrarmato?!?!” chiese immediatamente Bob, sussultando.
“Stai calmo Bob, non è nulla, usciamo. Una volta fuori ci troveremo sul fianco est dell’edificio, da lì decideremo cosa fare.”
In quel momento un terzo boato scosse tutto l’edificio: era molto potente e non durò solo pochi secondi, ma continuò a far tremare l’edificio mentre questo si muoveva come se fosse preda di un violento terremoto. La sommatoria di centinaia di urla creò un suono di sottofondo raccapricciante.
“USCIAMO PRESTO! FUORI, FUORI!” urlò Helena, che era ancora attaccata al braccio di Carlos e che lo lasciò per darsi ad una velocissima fuga lungo le scale. Carlos, Bob e gli altri presenti la seguirono di gran carriera.
L’edificio continuava a tremare, la voce robotica ripeteva le stesse parole di prima ma era coperta dalle urla di tutti i presenti.
Finalmente raggiunsero il piano terra ed uscirono all’esterno, trovandosi in una classica strada di servizio, stretta e posta tra il palazzo in cui si trovavano sinora e quello adiacente. Sembrava che l’edificio avesse smesso di tremare e c’era un’altra quarantina di persone nella stradina, uscite da altre uscite d’emergenza.
Al termine della strada di servizio si intravedeva la via principale con macchine che sfrecciavano veloci in direzione opposta al carrarmato e gente che scappava.
Improvvisamente la già rumorosa atmosfera fu scandita da colpi di mitra e bombardate di carrarmato.
Uno spigolo del muro dell’edificio, dal lato strada, si staccò a seguito di una sorta di cannonata, alzando un pulviscolo di polvere nell’aria.
“CHE DIAVOLO SUCCEDE?” esclamò Bob, in preda al totale panico “I RIVOLTOSI ATTACCANO MANCHESTER???” continuò, cercando di dare una spiegazione agli avvenimenti.
“Impossibile, come hanno fatto a superare il Muro??” gli rispose Helena.
“CON GLI AEREI, cosa ne so di come hanno fatto?!”
“Il traffico aereo è sorvegliato! Il muro dista solo tre chilometri da qui, non passerebbe nemmeno una mosca senza che fosse intercettata dai caccia!”
“Forse via terra allora, o sottoterra!”
“Certo, se non fosse che niente sopravvive a meno di 50 metri dal muro, hai presente la nebbia?”
“Allora trova tu una spiegazione, saputella!”
Carlos li interruppe:
“Helena, Bob, aspettate qui. Io torno subito, voglio vedere che succede, voi non muovetevi per nessuna ragione!”
“Carlos non andare, aspetta, dove vai? Vieni con noi!”
“Ma con voi dove, Bob? Dobbiamo tornare sul fronte, da qui non possiamo scappare e di entrare nel parcheggio sotterraneo in queste condizioni non se ne parla!”
“Ma allora perché siamo usciti dalle scale di emergenza???”
“Perché nessuno le sta bombardando, lo hai notato?”

Bob si sedette esattamente dove si trovava, Helena invece rimase in piedi a fissare Carlos che si avvicinava alla strada principale.
Arrivato sul fronte notò che l’entrata dell’edificio era ostruita per via dell’esplosione di uno dei mezzi blindati che scortavano la limousine. Doveva essere stato quello a far tremare così a lungo l’edificio. A terra c’erano alcuni cadaveri di soldati e non, tra essi Carlos riconobbe il corpo di una signora che lavorava in ufficio con lui.
I pochi dipendenti che erano ancora dentro l’edificio iniziarono ad uscire dalle finestre, rompendole.
Il mezzo esploso separava la strada in due parti, fortunatamente Carlos si trovava nella metà nella quale tutti tentavano di rifugiarsi e questo lo contò come un punto a suo favore.
Si spostò al centro della strada, riuscì a scorgere il carrarmato dal lato opposto: era ancora intero, si stava avvicinando e sparava verso l’alto.
Allora Carlos alzò lo sguardo al cielo, cosa che finora non aveva fatto, ma non vide nulla.
Un attimo dopo anche il carrarmato esplose, causando un boato assordante; i pezzi di lamiera iniziarono ad impattare contro le pareti degli edifici vicini.
Chinò il capo per proteggersi dalle schegge, poi guardò di nuovo verso l'alto, soffermandosi ad osservare più attentamente.
Dieci, venti secondi ed ancora in cielo niente di niente.
"A cosa diavolo sparavate?" pensò, continuando ad osservare, muovendo freneticamente le pupille.
Poi, qualche momento più tardi, un lampo: una sagoma passò a gran velocità sopra i tetti dei palazzi, lasciando dietro di se una scia dorata, quasi come se fosse avvolta da una nuvola.
A Carlos per un istante mancò il respiro.
“Non può essere vero..” pensò “..quella è nebbia.”

Til next time,
Francesco e Andrea at 00:00

scribble

Lista Capitoli Ultimo Racconto Primo Racconto Chi siamo