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non sappiamo dove arriveremo, e noi stessi non abbiamo idea di come faremo.
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25 Aug 2008
Capitolo 1 - Racconto 8 - Rendez-vous

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L'auto correva veloce lontano dal centro abitato.
In lontananza, lungo la rettilinea strada che Carlos, Helena e Bob stavano percorrendo, si iniziò ad intravedere l'ingorgo di auto in fuga che si era venuto a creare.
La carreggiata, inoltre, era fiancheggiata da una fitta vegetazione e questo impediva alle auto di tagliare per i campi, le poche svolte presenti lungo il tragitto portavano ad abitazioni o a strutture militari, ma non all'esterno della città. L'unica possibilità per scappare da Manchester era andare dritto.
"Cazzo! Guardate che coda, non ce la faremo mai a fuggire.." esclamò Helena, con un tono di voce a metà tra la rabbia e il pianto.
"Non preoccuparti Helena, noi non siamo diretti fuori città." disse Carlos, lasciando gli altri due con un grande punto interrogativo sopra la testa.
"Tra poco meno di 200 metri c'è una svolta che porta alla base militare, è lì che ci stiamo dirigendo." continuò.
"MA SEI IMPAZZITO?" urlò Bob "VUOI ANDARE IN UNA BASE MILITARE DURANTE UNO SCONTRO?"
"Certo, è il luogo più sicuro. Preferisci rimanere in coda attendendo che ci bombardino?"
"No, ma dubito che ci faranno entrare, saranno barricati all'interno e i soldati avranno l'ordine di sparare a vista!"
"A noi faranno entrare, fidati."
"Ma.."
"Fidati."

Pochi momenti dopo l'auto svoltò nella strada che portava alla base: era sempre una strada alberata, lunga circa un kilometro, al termine della quale si intravedeva l'edificio. Trecento metri prima sorgevano due piccole torrette mitragliatrici poste ai lati del cancello di accesso, chiuso. Davanti a quest'ultimo c'erano già due auto ferme ed un piccolo plotone di soldati.
Carlos, Helena e Bob arrivarono a loro volta al cancello, nelle altre auto ferme c'erano delle persone, probabilmente in attesa di entrare.
Carlos scese dall'auto e si diresse verso i soldati, ma subito le torrette mitragliatrici puntarono i loro occhi su di lui.
"Si fermi!" gli intimò il più graduato del plotone "Torni nel veicolo, signore."
"Sono Carlos Alvàrez, ex-Ufficiale dello Squadrone 86, visto lo stato di emergenza attuale il server dovrebbe avermi fornito una ri-abilitazione del grado e dovrei avere l'autorizzazione a penetrare nell'edificio" ribattè Carlos.
"Io sono il Sergente Molder, ora faremo un controllo della sua matricola signor Alvàrez."
Il militare fece un cenno ad uno dei suoi soldati, il quale si avvicinò rapidamente a Carlos.
"Ponga il braccio destro."
Carlos eseguì l'ordine ed il soldato corso da lui gli posò un piccolo oggetto sul polso, una sorta di bracciale elettronico dotato di piccolo schermo il quale confermò la veridicità di quanto detto da Carlos.
"Il suo grado è ...Maggiore, Maggiore Alvàrez, signore." disse il soldato a controllo effettuato.
"Molto bene soldato, adesso fateci entrare, tutti quanti" ordinò Carlos.
"Anche i civili, signore?" chiese il Sergente Molder.
"Sì, anche i civili e voglio che quattro dei suoi soldati scortino tutte queste persone nel bunker del settore verde."
"Subito, maggiore."

Carlos tornò in macchina, dove Helena e Bob lo guardavano stupiti.
"Ma, perchè ti hanno riabilitato Carlos? Cos'è questa storia?" domandò Bob, sorpreso.
"E' un po' complicato, spero di aver tempo di spiegarvi tutto più tardi." rispose Carlos "Adesso state calmi, qua dentro siamo al sicuro."
Mentre pronunciava queste parole, in realtà, sapeva di mentire, ma sperava che i sistemi di difesa contro la contaminazione informatica funzionassero a dovere, almeno per un po'.
Entrarono nell'edificio, un'imponente struttura multipiano con una facciata fredda, monumentale e colorata di un grigio metallico. La base era costruita a corte intorno ad un grande piazzale, dove al momento erano parcheggiati innumerevoli veicoli militari e anche qualche auto. L'ingresso a quest'ultimo era delimitato da un grande varco, alto diversi metri e che ricordava l'ingresso di un castello medievale.
"Ora i soldati vi scorteranno in un luogo sicuro. Helena, avvisa tuo marito che stai bene, avrà visto cosa sta accadendo a Manchester e starà in pensiero. Troverai modo di chiamarlo dall'interno."
"Sì, Carlos, grazie lo farò subito." rispose Helena con le lacrime agli occhi.
In questi momenti di estrema serietà il Carlos burlone e simpatico dell'ufficio era del tutto scomparso, i suoi amici se ne accorgevano sempre di più ad ogni attimo che passava, ma probabilmente, in quel momento, lo preferivano così.
Bob, Helena e gli altri civili che erano entrati assieme a loro vennero condotti nella zona indicata da Carlos, mentre quest'ultimo fu raggiunto da un paio di soldati.
"Maggiore Carlos, ci segua perfavore, è richiesto dal Generale."
"Certo. Quanti altri come me sono arrivati per ora?"
"Dei nove di Manchester..solo altri due, signore. Si trovano già dal generale nel suo ufficio al 4° piano."
"Solo due?? Questa è una pessima notizia."
"Gli altri risultano irraggiungibili, signore."
"Capisco, comunque ho bisogno di molti aggiornamenti sugli ultimi eventi."
"Le verranno dati, signore."
Mentre si incamminavano verso la torre degli uffici, la sirena d'allarme della base iniziò a suonare.
Carlos si voltò verso l'ingresso, dal quale vide entrare un'auto a gran velocità.
Alcuni soldati corsero verso di essa, altri si disposero davanti al varco creando una muraglia con i loro scudi tattici e puntando le armi verso l'esterno. Dal mezzo scesero due uomini vestiti di nero, in stile agente segreto, ed un signore di mezza età che aveva un aspetto intellettuale, come se si trattasse di uno scrittore o di un professore.

Un istante dopo qualcosa colpì la torre degli uffici, il boato fu grande e l'esplosione andò a rincarare la dose di danni sull'udito di Carlos, ancora non del tutto ripreso dalla defragrazione che lo aveva colpito in città.
Alcuni corpi volarono in aria per poi precipitare, dilaniati, sui mezzi parcheggiati nel piazzale.
"Cos'è stato??" "Un missile ha colpito la torre!" "Chi lo ha lanciato?" "Da dove veniva?" le persone presenti iniziarono a fare le loro prime ipotesi sull'accaduto, ma in questi casi il tempo speso per discutere viene sottratto a quello dedicato all'uso del fucile, perciò le discussioni terminarono quasi subito, sostituite da pochi e fugaci "Attenti sulla destra!" e "Tenete d'occhio quel settore".
Una scia dorata passò velocissima nel cielo, volando poco sopra la base. Il rumore che produceva sembrava simile a quello di un caccia.
L'artiglieria, i soldati, le torrette e i mezzi dotati di armi e cannoni puntarono verso il cielo pronti a sparare.
"Soldato, mi dia un'arma!" ordinò Carlos ad uno dei militari che lo scortavano.
"Prenda questa pistola, ma ci segua noi dobbiamo portarla nella zona gialla."
"Ed il generale?"
"Era nell'ufficio al quarto piano, guardi lei stesso! Non c'è rimasto nulla, è stato colpito in pieno! Ci segua."
Facendo slalom tra i plotoni schierati entrarono in un altro grande varco, largo almeno 4 metri, che dava accesso ad corridoio lungo almeno trenta, dietro di loro anche le persone scese dall'auto appena arrivata.
Un altro grandissimo boato scosse l'edificio e una vampata di calore penetrò dalla porta. Carlos e tutti gli altri che erano con lui caddero a terra, lanciando un'occhiata verso l'esterno per capire cosa fosse successo. Un aereo, un caccia mediamente grande, era precipatato in mezzo al piazzale impattando su altri veicoli, facendo così divampare un gigantesco focolaio.
Si rialzarono tutti in piedi e continuarono a correre nel corridoio, alla fine del quale incontrarono un portone d'acciaio serrato.
Uno dei soldati inserì il codice d'apertura nel tastierino numerico, ma il portone non rispose e rimase chiuso.
"E' bloccato!"
"Come è possibile, riprova!"
"Guarda, non si apre!"
"Fai provare me!"
"Che cazzo succede? Apriti maledetto!"
"Non risponde al comando, si dev'essere danneggiato."
"Maledizione!"
I due soldati della scorta discutevano ed inveivano contro il portone tirandogli calci e colpi col calcio del fucile. Uno degli uomini in nero tirò fuori la pistola, ma uno dei soldati gli intimò l'alt:
"Cosa vuoi fare tu, sparargli? E' una lega d'acciaio resistente, il colpo ci rimbalzerebbe addosso!" spiegò, facendo riporre la pistola all'agente.
All'imbocco del corridoio iniziarono a rifugiarsi innumerevoli soldati, fuori c'era una vera e propria guerra ed il rumore di cannoni e mitra copriva ogni altro suono.
"A che diavolo staranno sparando adesso? Hanno abbattuto quell'aereo. Che quel mostro sia penetrato nella base?" pensò Carlos, mentre gli altri continuavano a discutere su come aprire il portone. Appoggiato al muro ad aspettare, in totale silenzio, c'era l'uomo che viaggiava assieme ai 'men in black'. Carlos gli si avvicinò:
"E lei chi sarebbe?"
"Mi-mi chiamo Hive Erley, sono professore presso un dipartimento del City College"
"E che ci fa assieme a questi energumeni?"
"Sinceramente vorrei saperlo anch'io, non mi hanno dato mo-molte spiegazioni."
"La vedo abbastanza teso, credo che comunque avremo tempo per parlare più tardi. Stia attaccato ai suoi uomini, per ora."
Si sentì un tonfo sordo, come se qualcosa avesse colpito il portone dall'interno. Susseguirono un altro paio di colpi ed il portone iniziò ad aprirsi.
"Ce l'avete fatta!" esclamò Hive, rivolegendosi ai soldati, ma quest'ultimi fecero spallucce:
"Non siamo stati noi, qualcuno lo sta aprendo dall'altro lato."
Al di là del portone, infatti, apparvero la sagome di due uomini in uniforme da poliziotto.
Ci fu un attimo di silenzio, poi uno dei due poliziotti esclamò:
"Ce l'abbiamo fatta, il portone era bloccato! Presto, fate entrare quante più persone possibili!"
"Dobbiamo entrare solo noi che ci troviamo qui, chiuda l'ingresso appena saremo entrati" rispose uno dei soldati.
Passarono tutti oltre la soglia, Carlos compreso, ma il poliziotto si rivolse nuovamente al militare.
"E gli altri là fuori, gli tagliamo un eventuale ritirata?"
"Niente discussioni, chiuda!"
"Sì, sì signore."
Il corridoio dall'altra parte proseguiva per una decina di metri, c'erano accessi a numerose stanze, un'ascensore ed un vano scale che portavano ai piani superiori ed inferiori. Nonostante le spesse pareti si sentivano ancora i rumori degli spari all'esterno e sembravano essere sempre più forti.
"Adesso siamo al sicuro, dobbiamo scendere di due livelli." il militare continuava a dare ordini precisi sugli spostamenti.
"Dove ci state portando?" chiese Hive, ma uno degli agenti portò un dito alla propria bocca facendogli cenno di stare zitto.
Carlos prese la parola:
"Dove siamo diretti, intendo saperlo."
"Al livello B2 c'è un treno sotterraneo che collega la nostra base con quella di Chesterfield, siamo diretti lì." gli rispose prontamente un soldato.
"E le persone rifugiate nei bunker del settore verde? Come faranno a fuggire?"
"Ci sono due treni pure in quel settore, ma quelli portano altrove. Noi dobbiamo andare a Chesterfield."
"Per quale motivo?"
"Questo non so dirglielo, signore. Non ci è stato comunicato."
"Va bene, ma questi poliziotti vengono con noi, se non fosse per loro saremmo ancora là fuori."
"Nessun problema signore, ma adesso andiamo, perfavore."
Carlos poi si voltò verso i poliziotti:
"Identificatevi, perfavore."
"Io sono il Sergente Den Anthony Myers, questo invece è l'agente Scott, mio collega." rispose il primo, l'altro si limitò ad un cenno della mano.
"Siamo qui da due giorni, di ritorno dagli scontri di Bristol. Eravamo nei dormitori al piano superiore quando abbiamo sentito l'allarme."
"Molto bene sergente, io sono il Maggiore Alvàrez. Spero che ci sarete d'aiuto, adesso andiamo."
Il gruppo si mosse in direzione delle scale ed iniziò a scenderle velocemente, fino a raggiungere in settore B2 in poco tempo.
L'area era separata da un altro portone, ma questo si aprì senza problemi. All'nterno vi si trovarono un grande hangar, alto però non più di quattro metri. Il treno era fermo sui binari, ma pareva non esserci anima viva in giro.
"Dove sono i macchinisti?" chiese il maggiore Alvàrez.
"Avrebbero dovuto essere qui.." rispose titubante un soldato.
"Laggiù, c'è qualcuno steso a terra!" esclamò Hive, indicando un angolo buio dell'area.
Carlos e l'agente Scott, lasciando gli altri all'ingresso, andarono a verificare di cosa si trattasse e videro il corpo esamine di uno dei macchinisti.
"Guardagli il volto, è come se fosse stato ucciso dalla nebbia.." constatò Carlos, l'agente ne rimase sorpreso ed impaurito allo stesso tempo.
"Nebbia quaggiù, non è possibile?" rispose.
Un rumore di lamiera richiamò l'attenzione di tutti: dal lato opposto al quale si trovavano qualcosa si mosse, sembrava un piccolo mezzo su ruote, ma era circondato da un fitto alone dorato che rendeva difficile capire di cosa si trattasse esattamente.
"Che diavolo è quello?" esclamò Den, imbracciando il fucile.
"Probabilmente la nostra fine." rispose Hive.

Til next time,
Francesco e Andrea at 00:00

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