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Scrittura Cooperativa V2

non sappiamo dove arriveremo, e noi stessi non abbiamo idea di come faremo.
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10 Sep 2008
Capitolo 1 - Racconto 10 - Acta est fabula



Il treno correva veloce, troppo veloce.
All'esterno la nebbia che avvolgeva l'intero convoglio rendeva difficile la vista, ma si poteva intravedere la sagoma della base sempre diventare sempre più grande, sempre più vicina.
"Siamo a cinquecento chilometri orari!" esclamò Den puntando il dito verso l'indicatore elettronico posto sopra la vetrata frontale del locomotore.
"Non si riesce a stare in piedi! Non c'è modo di rallentare?" chiese uno dei due soldati.
"I comandi non rispondono!" rispose l'agente alla guida, aveva un'aria molto seria. Hive, invece, era tutt'altro che tranquillo. Comunque, mentre era intento ad inserirsi la cintura di sicurezza del seggiolino sul quale era seduto, forniva delle ipotesi su quanto stesse accadendo:
"E' ovvio che la nebbia pilota il treno e che ci sta portando all'interno della base, anzichè farci allontanare..ma non capisco per quale motivo!!"
Carlos, seduto al fianco di Den, sbuffò volgendo gli occhi in basso.
"Magari vuole usarci come arma contro i rivoltosi.." disse "..vuole farci schiantare sulla base."
"Schiantare?" esclamarono gli altri, quasi in coro.
"Cazzo, dobbiamo saltare giù!" chiese il soldato che prima era stato zitto.
"Non so se ha notato" rispose Den "che il treno è completamente ricoperto di nebbia, il solo respirarla ci ucciderebbe immediatamente...per non parlare del fatto che procediamo a seicento chilometri orari."
Carlos ribattè:
"No. La nebbia quando è distaccata dal muro non uccide, non so dirvi quale sia il motivo; per questo si serve di mezzi semi-automatici ed automatici per colpirci. Comunque sia, anche se questa coltre non può ucciderci, il problema dei seicento chilometri all'ora rimane..."
Il pilota cominciò a prendere a pugni la console di comando, Den e Carlos si sforzavano di trovare una soluzione meno irruenta, i due soldati cercavano di mantenere la calma e Hive soltanto di non pensare a niente.

Un attimo dopo, la pace.
Hive e Carlos stavano immobili di fronte a Den, con gli occhi sbarrati come se avessero visto il diavolo in persona.
Non parlavano, non si muovevano.
Den si voltò, guardandosi attorno: era al centro di una grande piazza alberata, al di là delle piante poteva vedere dei palazzi rinascimentali. Era giorno, il cielo era limpido e l'unico suono che si potesse sentire era quello prodotto dal soffio di un leggero vento.
"Cazzo.." pensò "..proprio adesso."
Il poliziotto era di nuovo intrappolato in una delle sue allucinazioni.
Ormai le distingueva dalla realtà, era cosciente mente le aveva, mentre le viveva. Però, per quanto gli apparisse così fasullo ciò che la sua mente gli propinava, non capiva come liberarsene.
"Den.."
Una voce familiare gli giunse alle orecchie.
"Den caro.."
Era la voce di sua madre. Non capiva da quale direzione provenisse.
"Mamma falla finita, questa è solo un'allucinazione!"
"Den, non parlare così a tua madre.."
"Fai silenzio."
Carlos ed Hive gli apparivano ancora in piedi. Den provò a scuoterli nella speranza che si muovessero, ma non lo fecero. Lo seguivano solo con il movimento dei loro occhi e sembravano sempre più spaventati.
"Di cosa avete paura? Perchè mi guardate?...Ma cosa faccio, parlo con voi che non esistete neppure.."
Di nuovo la voce della madre riecheggiò nell'aria:
"Den.."
"Adesso sono stufo! Voglio svegliarmi!"
Si guardò ancora intorno: la piazza era intersecata da due strade che si allungavano tra i palazzi, ma la malvagia nebbia dorata le colmava e l'idea di addentrarsi dentro di essa, anche se frutto soltanto dell'allucinazione, lo terrorizzava.
"Che cosa significa tutto questo, perchè ho queste visioni? Sto diventando pazzo?"
Den non faceva altro che porre domande a se stesso, ma non sapeva come comportarsi. Camminava avanti ed indietro nella piazza, sparando un paio di colpi in aria col suo fucile, senza un motivo preciso. Le proiezioni di Hive e Carlos continuavano a seguirlo con lo sguardo.
"Cosa diavolo devo fare per uscire da qui??"
"Den.."
"COSA VUOI MAMMA? DOVE SEI?"
"A casa piccolo."
"A casa? QUALE CASA?"
"C'è anche July qui con me...quando pensi di tornare?"
"Ma cosa stai dicendo? July è.."

"JULY!" urlò, destandosi dal suo incubo.
"Stia calmo, sergente!"
"Ma che diavolo suc...maggiore Alvàrez, è lei! Dove mi trovo?"
"Siamo in un'infermeria."
Den si trovava in un lettino d'ospedale, aveva il braccio destro fasciato all'altezza del gomito e qualche cerotto sul torace.
Carlos se ne stava in piedi di fronte a lui, ma i suoi occhi non erano terrorizzati come nella visione, tutt'altro, apparivano tranquilli.
"In un'infermeria!? Ed il treno?"
Carlos ebbe un'espressione stupita a seguito di questa domanda.
"Sono riusciti a bloccarlo dall'interno della base."
"Davvero? E come? Hanno bypassato i comandi?"
"Non proprio.." rispose Carlos ridendo a denti stretti "..ci hanno fatto deragliare..e dammi del tu. E' da quando ho lasciato Bob ed Helena che non sento dire altro che 'Maggiore'.."
Den, un po' dolorante, iniziò ad alzarsi dal lettino. Nella stanza notò altri tre letti, in uno dei quali c'era Hive.
"Come vuoi. Il professore se la dorme, eh?"
"Ha preso una brutta botta."
"E gli altri?"
Carlos scosse la testa, silenzioso. Poi fece due passi lontano da Den, dando le spalle a quest'ultimo.
"Capisco, tutti morti.. E noi come siamo arrivati fino a qui?" chiese Myers, ormai in piedi e intento a cercare i suoi indumenti.
"Ma come, non ricorda proprio nulla?"
"Il tu vale anche per me, in queste circostanze i gradi e le cariche hanno poco senso."
"Ok, Den giusto?..davvero non ricordi come siamo finiti qui?"
"No, per nulla..ero cosciente?"
"Lo eri eccome, ti sei persino medicato da solo!"
"Beh," Den provò a giustificarsi "devo aver preso una brutta botta anch'io..cos'è accaduto di preciso?"
Carlos si lanciò in una spiegazione riassuntiva:
"Eravamo a poche centinaia di metri dalla base, alla velocità cui andavamo ci saremmo sfracellati contro le porte d'ingresso dell'Hangar, che ovviamente erano chiuse. All'improvviso il convoglio, però, ha perso potenza ed ha eseguito una forte frenata che ci ha catapultato un po' ovunque dentro il vagone..l'agente governativo ha battuto la testa, c'è rimasto sul colpo il poveretto."
"Siamo volati tutti come freesbie..."
"Sì, tranne il professore..lui si era messo la cintura!"
Risero entrambi, quasi sottovoce, poi Carlos continuò:
"Dall'interno della base hanno invertito la polarità dei binari e questo ha fatto incollare il treno al terreno, anche se si è mosso ancora per un bel po' in avanti. A quel punto abbiamo sentito degli spari, delle cannonate."
"I rivoltosi ci sparavano?"
"Già, così siamo corsi verso l'uscita d'emergenza, scappando all'esterno. La nebbia intorno al treno era del tutto sparita. Una serie di bombe e missili ha colpito diversi vagoni ed il terreno circostante. I due soldati sono morti lì...non ti viene in mente nulla, eh?"
"No, niente di niente, dev'essere una specie di amnesia..poi cos'è accaduto?"
"Io, te ed il professore siamo riusciti a correre verso una struttura di sorveglianza posta ad un centinaio di metri di distanza dal punto in cui si era fermato il treno. Non ci hanno sparato, continuavano a scagliare colpi contro ciò che rimaneva del locomotore."
"E in infermeria come ci siamo arrivati?"
"Beh, la struttura aveva diverse stanze, tra cui questa. Non siamo ancora dentro la base."
Un rumore di cocci e barattoli richiamò l'attenzione dei due. Hive si era svegliato e, per alzarsi, aveva fatto cadere degli oggetti appoggiati su di un comodino.
"Non credo nemmeno che dovremo entrare nella fortezza.." disse "..i rivoltosi ci ammazzeranno subito."
"Ci avrebbero già uccisi se avessero voluto." rispose Carlos.
"Non credo," intervenne Den "forse da distanza non sono riusciti a capire che non eravamo dei loro, ma se ci dovessero vedere di nuovo.."
"Non capite," riprese Carlos "noi dobbiamo entrare là dentro. Stare troppo a lungo qua fuori è un suicidio, quest'edificio non è un bunker ed avete visto anche voi Chesterfield in fiamme."
"Sì..era piena di scie dorate che la sorvolavano.." disse Hive a voce bassa.
"Quanto pensate che ci vorrà prima che qualche Corrotto venga a fare piazza pulita attorno alla base?"
Hive e Den si guardarono, senza parlare.
"Dobbiamo andare, forza, vestitevi. Siamo qui già da un paio d'ore." ordinò poi Carlos, con voce autoritaria.

Passarono pochi minuti: Den era di nuovo in uniforme ed impugnava stretto il suo fucile, Carlos aveva preso un mitra trovato dentro al rifugio. Hive, invece, si era fatto dare una pistola durante il viaggio in treno e l'aveva ancora con sé.
"Carlos," chiese Den "hai notato se qui ci sono dei mezzi di comunicazione funzionanti?"
"Sì, ho controllato" rispose lui "tutto morto."
Il poliziotto volse lo sguardo al terreno e sospirò:
"Avevo mandato mia moglie July nel settore verde, come i suoi amici..vorrei tanto sapere se sta bene."
"Sono sicuro che è così, i treni di quel settore andavano in zone sterili, lontane da basi militari vere e proprie e a centinaia di chilometri dal muro. Non devi preoccuparti."
"Ok.."
I tre si incamminarono verso l'ingresso dell'edificio e da una delle finestre diedero uno sguardo all'area.
Poco lontano c'erano i resti del treno, ancora in fiamme. La base, un'imponente fortezza, sfoggiava lo stemma dei Rivoltosi su una delle grandi pareti; distava almeno duecento metri ed era ridotta male in alcune aree, ma si trattava comunque di danni sopportabili per un edificio come quello.
Intorno l'ambiente era spoglio, pochi alberi, crateri ed erba bruciata. La battaglia in quella zona doveva essere stata violenta.
Lontano circa sei o settecento metri lo videro: il Muro.
Era lì, svettava verso il cielo con il suo alone di nebbia a fargli da scudo. Uno spettacolo bellissimo e raccapricciante allo stesso tempo. Il cielo sopra di esso era limpido e sereno, i cadaveri ed i mezzi distrutti alla sua base si contavano a centinaia: quella struttura svolgeva egregiamente la sua funzione di salvataggio e contemporanea distruzione dell'umanità.
In un punto preciso di esso, però, videro di nuovo la breccia. Era lì, non molto grande, ma pur sempre una breccia.
"Guardate...come sono riusciti a bucarlo?" chiese Den.
"Hai visto quante bombe e mezzi c'erano laggiù?" rispose Carlos "Sarà anche un colosso, ma è pur sempre opera dell'uomo."
Hive intervenì:
"I danni comunque, se contiamo lo spiegamento di forze usato dai Rivoltosi, sono davvero esigui. La breccia sarà un varco di una ventina di metri di altezza e largo non più di dieci.. Un attacco nucleare sarebbe stato più efficace, ma sappiamo bene tutti che il governo non attaccherebbe mai il suo prezioso bambino."
"Ehi!" rispose scontrosamente Den "Questi sono discorsi da Rivoltoso! Non so perchè il nostro governo non lo abbatte a suon di razzi, ma immagino che comunque l'uso di armi nucleari non sia una soluzione valida."
"Ci hanno provato in Korea." intervenne Carlos "Dei terroristi hanno rubato due testate nucleari e gliele hanno lanciate contro, ma i razzi di oggi sono tutti teleguidati, la nebbia ne ha preso il controllo prima che impattassero e li ha deviati su alcune cittadine koreane."
Hive stettè zitto, si era lasciato calcare la mano nelle sue affermazioni e l'odio per il muro aveva preso il sopravvento.
"Strano però, guardate la breccia.." disse Den, indicando con il dito "..non si vede niente al di là, è come se fosse buio."
"E' un effetto collaterale del magnetismo creato dal muro, al di là di esso si hanno reazioni inverse rispetto a quelle che abbiamo dal nostro lato. Non ti dimostrerò la cosa con difficili formule, sappi soltanto che l'ambiente dall'altra parte, fino al colmo del muro, è del tutto invivibile. La cosa che io considero strana, più che altro, è che la nebbia non copra l'area intorno alla breccia..sembra una sorta di tunnel." disse Hive, come se stesse tenendo una lezione ai suoi studenti.
Carlos, però, era poco interessato all'argomento, gli premeva soltanto raggiungere la base:
"Forza, non c'è tempo per le chiacciere adesso, dobbiamo cercare dei visori notturni, delle torce, insomma qualcosa per illuminare. Il Gate-2 è il più vicino, ci muoveremo appena calerà la notte."
"Io ho un visore integrato nell'uniforme..ma mi chiedo come faremo ad aprire il Gate-2?" chiese Den. Carlos gli toccò la spalla, rassicurandolo:
"Io sono stato riammesso come maggiore, il mio codice dovrebbe funzionare. Lo apriremo, fidati di me."

Passarono un paio d'ore, per fortuna nessuno dei rivoltosi era venuto a controllare il rifugio e nessun corrotto aveva scagliato qualche attacco alla base. Il sole era tramontato da diversi minuti e la notte otteneva pian piano la padronanza del cielo.
A terra, dinnanzi al muro, ancora molte fiamme crescevano mischiando il loro fumo a quello dorato e brillante della nebbia, creando una lugubre quinta costante. Qualcosa di simile valeva per la cittadina, più distante ma anche più grande e con più focolai all'attivo. Hive, Carlos e Den, però, si trovavano in una zona decisamente buia e potevano muoversi tranquillamente.
Fuori regnava un leggero brusio di sottofondo, una sorta di rumorosa quiete causata dallo scoppiettare delle distanti fiamme e dai motori degli aerei Corrotti che sorvolavano Chesterfield.
I tre uscirono da una porta di servizio ed inziarono il cammino verso la base. Den aveva il visore, come annunciato, gli altri invece si muovevano attaccati a lui, in fila indiana.
Sapevano che sarebbero arrivati in fretta se non ci fossero stati intoppi, ma come sempre la vita rivela amare sorprese nei momenti meno opportuni.
Erano quasi giunti a destinazione, mancavano poche decine di metri, quando un fortissimo boato scosse quella calma notturna così strana. Subito dopo, quello che sembrava un missile di grandi dimensioni cominciò a lasciare una scia nel cielo. Del normale fumo, niente nebbia dorata.
Il razzo era partito da Chesterfield e sembrava puntare proprio verso la base. Hive, Carlos e Den erano lì fuori ed il missile era così grande che difficilmente sarebbero sopravvissuti alla sua detonazione.
Den rivide una scena che lo aveva scosso poco prima: Hive si era immobilizzato e guardava il cielo, fissava il missile. La paura gli scavava il magro volto.
L'immagine appariva a Myers così identica a quella della visione che un freddo brivido gli corse lungo la schiena. Carlos però, non era immobile, non era impaurito ne intimorito:
"MUOVIAMOCI! SE RIMANIAMO QUI FUORI MORIREMO!" urlò quest'ultimo, iniziando una fuga verso il Gate-2.
Il razzo intanto proseguiva, costantemente, mangiava le ormai poche centinaia di metri che lo distanziavano da loro.
Anche Den aveva iniziato la sua corsa, mentre Hive, invece, era come se fosse diventato di marmo.
"DOTTOR ERLEY, CORRA!!" urlò furiosamente il poliziotto lanciando un altro sguardo al professore ed al missile, quest'ultimo ormai vicinissmo.
Hive ancora non si mosse e come incantato dalla scena a cui stava assistendo sussurrò con un filo di voce:
"Lo spettacolo è finito."


Til next time,
Francesco e Andrea at 00:00

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