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27 Nov 2008
Capitolo 2 - Racconto 3 - Rio Derby


Rumore, rumore di giorno e di notte.
Le lacrime cadono senza rumore.
Rumore rumore, la notte ci ascolta
dal cielo nessuno, dal cielo l'amore.
Rumore rumore, che ascolti i caduti
ascolta anche l'urlo dei sopravvissuti.

"Rumore rumore..."

Migliaia di persone erano nel viale dove si celebrava qualcosa di incredibile. La canzone fatta con rime approssimative (quasi "vecchie") veniva ripetuta a ripetizione dalla folla, o forse si dovrebbe dire dalla massa.
Nel centro della strada passavano dei carri enormi, non carri di guerra, ma carri raffigurativi dei maggiori mali del mondo.
Le guerre mondiali, la fame, l'inquinamento, erano tra i primi carri in ordine di apparizione. Proprio l'inquinamento che aveva costretto la costruzione di uno degli ultimi due mali: Il muro.
Ed infine la nebbia. Dorata, inverosimile nella sua olograficità plastica. "Rumore rumore" ed era rumorosa la strada. Tutta quella folla poteva tranquillamente rappresentare un terzo della popolazione attuale di Derby, se non di più. I tre erano esterrefatti. Cosa stava succedendo?
Si erano spostati in mezzo ad alcune persone, certi che il trambusto era la miglior fuga per ora, e nascondersi in esso la miglior soluzione.

"Direi che questo è un ottimo inizio" commentò Hive nel rumore generale.
"E' in vena di battute oggi, professore? Vediamo di riuscire a trovare quanto prima quello per cui siamo qua. Poi dovremo pensare ad un'altra soluzione per andare avanti"
Den non li sentiva. Si guardava con aria sospetta attorno, cercando probabilmente i loro attentatori che sarebbero apparsi di lì a poco.
"Dobbiamo muoverci comunque da qui. Seguiamo la folla nella sua direzione per ora" esclamò
Hive e Carlos si scambiarono un'occhiata. Il professore capì che la direzione era perfetta anche per andare a cercare il medico.
Hive era però dubbioso. Quante possibilità c'erano che quel medico non fosse in questa folla mastodontica? Se così fosse stato sarebbero stati spacciati, senza speranza. Tre persone di cui una era un visionario ed un'altra un professore. L'unico capace di difendersi sarebbe stato Carlos.

I colori erano sgargianti, eccezion fatta per "il muro", tutta la città era addobbata di rossi, arancioni, gialli, che la rendevano viva, capace di esistere. In contrapposizione allo spettacolo tecnologico del grigio che ormai, negli ultimi venti anni, era entrato nel pensiero comune. Den faceva strada, verso un'ignota destinazione, i restanti lo seguivano, guardandosi le spalle di tanto in tanto, ma senza mai vedere un movimento diverso da quello di una comune massa di persone in festa.
Hive toccò la spalla a Carlo, attirandone l'attenzione
"Secondo te dove sta andando?"
"Beh, sicuramente lontano da qui. Non dovremmo sempre pensare che sia preda di quelle visioni. Anche se ultimamente si sono intensificate"
"Già. Ma rimane comunque il fatto che le visioni ci sono. Ormai è quasi un'ora che non sembra averne avute. Quiete prima della tempesta?"
"Non saprei, speriamo di no. Comunque a meno di mezzo chilometro c'è la casa del medico. E' in una via trasversa"
Alcune persone davanti a loro iniziarono a spazientirsi "Ehi, cosa diavolo sta facendo?" fu la cosa più distintiva tra le voci che sentirono.
Den stava scappando. Farneticava qualcosa mentre correva nella folla, ma niente che i due potessero sentire.
Iniziarono a rincorrerlo, per fortuna la folla rallentava la sua corsa folle.
La loro fortuna fu che nessuno, in quella corsa, li riconobbe. Erano troppo incentrati sul Muro. Mastodontico elemento che ora passava al centro della strada. Dal muro, se qualcuno vi fosse stato seduto sopra, si sarebbero visti in maniera distinta sia i 3 che scappavano, che i loro nemici, militari, che li cercavano. Erano a circa trecento metri di fronte a loro. E la distanza si stava azzerando pian piano.
Ancora, però, nessuna delle due fazioni si era accorta dell'altra.

Den iniziò la sua corsa per uscire da quella folla. SI spostò con violenza sulla destra, dando spallate senza pietà ad alcune persone che ostruivano la sua fuga. Entrò in una via cupa, senza luci artificiali, solo quella del sole. A pochi metri da lui, i compagni cercavano di seguirlo. In questi 10 minuti di follia Hive, mentre stava uscendo dalla folla, fu quasi certo di aver visto un qualcosa di dorato. Non capì bene dove. Il suo occhio però l'aveva visto e registrato, ma la sua memoria non gli permetteva di accedere a ciò che voleva sapere.
Stavano per essere di nuovo attaccati dalla nebbia? O c'era qualcosa in questa città, qualcosa di nascosto?
Prima di uscire del tutto dal rione principale Hive si guardò indietro. La nebbia, quella finta, era in fondo alla gigantesca strada, con luci stroboscopiche che ne incitavano il timore.

La fuga di Den ebbe un termine esattamente alla porta del medico. Carlos rimase terrificato. Den stava sbattendo le nocche delle dita con violenza, tirando pugni alla porta ed urlando "Aprite, aprite subito!". I suoi occhi erano altrove stavolta, il suo sguardo lo dimostrava. Hive osservava tutto questo, cercando di collegare quanto possibile, ma non ci riusciva.
La porta si aprì. C'era una donna di fronte a loro, sulla trentina, capelli scuri ed occhi verdi. Una donna ancora molto bella, ma non certo alla portata di loro.
La donna fece una faccia davvero stupita.
"Professor Hive, Carlos, Den, cosa ci fate qui? Non sapevo che vi conoscevate."
Carlos prese finalmente il controllo della situazione
"Lascia fare Debora, credo che tutti ci dobbiamo delle spiegazioni. Puoi farci salire?"
"Certo, prego."
La donna fece cenno con la mano di muoversi. Indossava un camice bianco che non sminuiva la sua bellezza ma che ne nascondeva le forme.
Den si era calmato, ed Hive, tra se e se, aveva capito che forse anche Den aveva qualcosa da raccontare.
La porta si chiuse dietro di loro. I militari superarono la strada senza vederli e senza sentirli.
Anche tra i soldati una persona registrò di aver visto un cenno dorato, ma non seppe né dove, né come, né quando.

Til next time,
Francesco e Andrea at 00:00

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