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Scrittura Cooperativa V2

non sappiamo dove arriveremo, e noi stessi non abbiamo idea di come faremo.
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14 Feb 2009
Capitolo 2 - Racconto 4 - Visita di controllo



Era passata più di mezzora da quando Debora, la bella donna in camice bianco, aveva iniziato a fare dei controlli preliminari su Den.
"Sdraiati sulla pancia per favore, devo fare un controllo al livello della nuca. Non è nulla di doloroso, tranquillo."
Carlos ed Hive attendevano in un elegante soggiorno, stile antico, con tanti mobili in legno scuro, tra cui una enorme libreria piena di libri di medicina. Le pareti, poi, erano tempestate di quadri.
"Accidenti, questo Mondrian sembrerebbe originale!" esclamò Hive, soffermandosi ad osservare un quadro di non grandi dimensioni appeso sopra ad una mensola.
"Pensa che non lo sia, professore?" chiese Carlos.
"No, penso al contrario. Debora è sempre stata un'appassionata d'arte ed il denaro non le manca."
"A tal proposito, professore, mi dica.."
"Vuoi sapere come faccio a conoscere Debora?"
"Già."
C'era, nella stanza, un piccolo tavolino di legno intarsiato, con appoggiate delle bottiglie di alcolici. Hive ne afferrò una di Almond, un buon liquore inglese, prese poi un bicchiere e se ne versò un paio di dita.
Ci si bagnò le labbra, mostrando una smorfia di apprezzamento.
"Io e Debora," cominciò Hive "ci siamo conosciuti una decina di anni fa. Lei era ancora una ragazza." esclamò sorridendo.
"Stavo facendo ricerche sulla morte di mia moglie, che come ben sai, ha segnato gran parte della mia esistenza."
"Sì, me ne hai parlato più che sufficienza, direi." intervenne Carlos.
"Ero riuscito ad ottenere delle udienze con un colonnello di alto rango dell'esercito inglese, Walter Mumford si chiamava. Oggi sarà ormai in pensione, o morto, o chissà cos'altro. A quel tempo la nebbia non era ancora un problema come lo è oggi e riuscire a parlare di affari sporchi con i militari d'alto rango era solo, diciamo, una questione economica."
All'interno della stanza si sentiva il forte brusio della festa che si stava tenendo all'esterno. Carlos tirò le tende del finestrone che dava sulla strada, cercando di ridurre, se non il rumore, perlomeno l'afflusso di luci abbaglianti. ll professor Erley, che si era momentaneamente zittito per gustarsi un altro goccio di liquore, riprese il racconto.
"Debora era la figlia di quel colonnello e lavorava, al tempo, nella stessa base diretta dal padre. Fu quest'ultimo a presentarmela, dopo qualche tempo. Io e lui eravamo entrati in amicizia; per quanto inizialmente volesse del denaro per raccontarmi ciò che sapeva, credo che la mia storia l'avesse in qualche modo commosso."
"E Debora, si era laureata da poco?"
"Sì, anche se è sempre stata una ragazza prodigio, ha bruciato le tappe molto velocemente e questo le ha permesso di divenire una grande dottoressa in pochissimi anni. Certo, il padre le avrà sicuramente fatto ottenere qualche agevolazione, ma è davvero una donna in gamba."
"Sì, sempre stata in gamba...ed anche molto bella, aggiungerei."
"Innegabile."
Hive finì di gustare il suo Almond e ripose il bicchiere sul tavolino, si avvicinò poi al corridoio che collegava il soggiorno con altre stanze, tra cui l'ambulatorio casalingo della dottoressa. La porta dell'ambulatorio era socchiusa, ma riuscì ad intravedere Debora passare.
"Ma quanto ci mette a visitare Den" pensò e si diresse poi sulla poltrona adiacente al divano in cui si era seduto, da poco, Carlos.
"Tu invece, Carlos, come l'hai conosciuta?" chiese.
"Anch'io la conobbi qualche anno fa, mi medicò al ritorno di una missione di routine, io ed il mio gruppo eravamo stati esposti ad una neurotossina e dovevamo eseguire degli esami per verificare che non avessimo riportato danni a lungo termine. Debora era il medico-neurologo di ruolo presso l'ospedale militare di Manchester. Lì, come succede a volte in tanti film strappalacrime, il miltare e la sua salvatrice si conobbero...e fu amore a prima vista!".
Carlos sorrise, era ormai del tempo che non sorrideva o che non suggeriva una qualche battuta di spirito, ma ogni tanto sprigionava un po' di brio, segno che le situazioni ti cambiano ma che alla fine, dentro di te, rimani sempre un po' lo stesso.
"Stavate assieme?" chiese Hive.
"Sì, per un paio d'anni lo siamo stati. Il padre, però, non voleva che la sua amata figlia stesse assieme ad un miltare. Per lei sognava un avvocato, o un dottore, insomma, qualcuno che non potesse morire in battaglia."
"Me lo diceva spessa. Comprensibile detto da un padre."
"Vero. Quando la storia iniziò a diventare un po' troppo seria, ci dovemmo lasciare. Non senza lacrime, ma perlomeno senza rancori. Non volevo rovinarle i rapporti familiari, era ancora molto giovane ed io non sono adatto alle fughe d'amore. Lei lo capì"
"Vi siete mai risentiti prima di oggi?"
"Sì, a volte. Telefonate, auguri, cose del genere. Niente di particolare, insomma."
"E sai nulla di Den? Come faranno a conoscersi?"
"Non saprei, non ha mai detto di conoscerla. Più che altro mi chiedo come facesse a sapere in che direzione muoversi per raggiungere questa casa."
"Reminescenze direi. Quando è in stato, diciamo, 'alterato', probabilmente il suo corpo si muove sulla base di ricordi, routine, abitudini. Non è come la schizzofrenia, è più a livello inconscio. Debora saprà dirci di più, spero."
"Povero ragazzo, anche Den è davvero in gamba. Peccato che gli stia succedendo tutto questo ed in questo momento."
Carlos fu interrotto dal crash di oggetti che si infrangevano al suolo. Rumore di vetri e metallo.
Si alzò in piedi di scatto e, seguito da Hive, corse verso la stanza in cui si trovavano Den e Debora. Vi entrarono e rimasero attoniti: Den aveva sbattuto la donna contro il muro e la teneva issata da terra, stringendola per il collo.
Lei stava provando a liberarsi, ma l'aria cominciava a mancarle troppo e le sue reazioni diminuivano.
"DEN COSA CAZZO STAI FACENDO?" urlò Carlos "LASCIALA SUBITO!"
La mente di Den sembrava nuovamente intrappolata in chissà quale incubo. Carlos decise quindi di correre incontro al suo compagno e di affrontarlo, sperando così di fargli allentare la presa dal collo della dottoressa, ma quando fece appena un passo Den parlò, immobilizzandolo:
"Sta' fermo Carlos, non preoccuparti, so quello che sto facendo.."

Til next time,
Francesco e Andrea at 00:00

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