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Scrittura Cooperativa V2

non sappiamo dove arriveremo, e noi stessi non abbiamo idea di come faremo.
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24 Apr 2010
Capitolo 2 - Racconto 9 - La stazione interna



Chiedere spiegazioni era l'unica cosa sensata da fare. Davvero. Dopo tutto quello che era successo c'era troppa carne al fuoco, troppi misteri, troppi dubbi.
Una volta seguito Rayfner furono portati all'interno del muro attraverso un tunnel che annullava nella sua circoscrizione gli effetti della struttura.

Rayfner li guidò attraverso quella che poteva essere definita senza troppi mezzi termini “la base”. Centinaia di film l'avevano ritratta, ma mai nessuno di loro avrebbe immaginato che sarebbe stata fatta realmente. Il punto di controllo delle operazioni e dello stato di salute dell'imponente massa di metallo che divideva il mondo era lì, decine di monitor LCD disposti alle pareti al posto dei quadri che, con colori tra il verde ed il rosso, indicavano lo stato della sezione del muro assegnata. In verità ne esistevano svariate, suddivise in tutte le centinaia di sezioni del muro.

Riuscirono finalmente a trovare il tempo di parlare solo lì, in quella surreale stanza circolare.
“Esistono solo due modi per parlare ad una persona, ed uno dei due include una pistola puntata contro la sua tempia. Ricordatevi sempre che la verità è sempre più vicina ad una canna di una magnum che non al cuore. Sempre”
Carlos valutò senza troppa malignità di usare un metodo più risolutivo del “chiedere cosa cazzo sta succedendo”. Le parole del sergente risultavano così calzanti che gli venne naturale chiedersi se quel sergente non fosse nient'altro che un venditore di fumo.
“Allora” incominciò “da dove iniziamo? Direi anzitutto dalla magia, che ne pensa?”
I loro sguardi incrociarono quelli di Rayfner ed infine quello di Den.
“Ah, immagino stia parlando del modo in cui ho, diciamo, usato il vostro amico, giusto?”
“Beh, direi di si. Metodo convincente, ma non è entrato nelle mie grazie”
“Comunque la pensi, non può negare che ho guadagnato un pò della vostra attenzione. Ma passiamo al punto interessante, che ne dite?”
L'uomo prese un telecomando e, premendo un pulsante colorato, cambio l'immagine di un monitor, mostrando un cervello umano.
“Ecco, quello che vedete è un normale cervello umano. Un elemento necessario per noi, che sopravvive attraverso degli impulsi elettrici. I quali comunicano da e verso il suo corpo. Normalmente non è possibile controllare questi impulsi se non in soggetti che hanno un “ricettore” particolare che permette di comunicare con l'esterno.”
“Ecco. La teoria complottistica ci mancava.” esclamò Carlos
Den, invece, rimaneva in silenzio. Hive ascoltava con un interesse quasi eccentrico.
“Nessun complotto, la posso rassicurare. Il suo amico non ha impiantato nessun congegno militare in testa, almeno credo. Ma ha sicuramente qualcosa che gli permette di ricevere segnali elettrici particolari dall'esterno in una maniera molto differente da noi. E questo, lasciatemelo dire, è il motivo per cui la nebbia non lo ucciderà mai.”
Ci fu un attimo di silenzio. Forse anche due. Ma la rivelazione, con conseguente sorpresa dei presenti fu sufficiente a zittirli per un pò.
“Non fate quelle facce” continuò “non ha certo dei superpoteri. Solo che il suo cervello riceve un tipo di segnale differente dai nostri. E non è semplice. Lo svantaggio di tutto questo è che la nebbia comunica con lui, come un suo pari, e non come un'entità inferiore. Con un giusto controllo dei segnali elettrici mi è stato possibile indicare alla voce di Den cosa dire. Ed ecco il trucco”
“Cioè” aggiunse Den “vuole dire che mi si è impossessato del mio corpo? L'esperienza è stata comunque diversa dalla nebbia. Non era un'allucinazione. Quanto un blackout”
“Difatti. Non è così potente, la sua coscienza deve rimanere vigile o altrimenti impazzirebbe. Ho sfruttato le naturali caratteristiche elettriche della nebbia, quelle che la rendono così pericolosa, per un piccolo “gioco” se volete chiamarlo così”.
“E come ha fatto ad aprire il varco?” interruppe Hive
“Beh, con le giuste attrezzature posso allontanare o controllare piccole porzioni della nebbia. Non a mio piacimento, ma posso dire di “non essere” in un posto. Vi rispondo anche alla prossima domanda anticipando, penso, il signore più anziano: se c'è un motivo per cui non sono fuggito da qui è perchè ho il compito di reintegrare la memoria di mio padre. Tornare nella civiltà non mi aiuterebbe. Tutti vedono Rayfner come un malvagio, ma mio padre credeva davvero che questo muro avrebbe salvato il mondo dall'inquinamento. E difatti così è stato.
Le... conseguenze, sono state imprevedibili anche per lui.”
Ancora un paio di occhiate si persero tra i presenti, vuoi per riflettere, vuoi per mettere in fila le pedine della scacchiera.
“Certo però che è una bella fortuna per noi, non crede? Cercavamo di avvicinarci al muro e ci ritroviamo dentro. Forse è un pò troppa fortuna. Che ne dice? Cosa c'è sotto?”
Hive indirizzò il suo sguardo al figlio dello scienziato più famoso al mondo, Den invece stava riflettendo su qualcosa. I suoi occhi, presenti, ma allo stesso contempo distratti, lo collocavano in quel mondo, non in un'allucinazione, ma dal suo punto di vista, ormai, non c'era più un gran vantaggio a stare in una realtà o nell'altra.
“Quali sono le possibilità che voi passiate di qui con l'intenzione di avvicinarvi al muro, e che tra di voi ci sia una persona come lui?” indicò Den “ nulla accade per caso. Dei contatti mi avevano informato delle vostre intenzioni e sapevo già dall'esistenza di Den tramite la dottoressa che penso non sia necessario ricordarvi.”
“Ok. Abbiamo avuto già un bel pò di informazioni ma ora voglio farla io una domanda”
svegliatosi dal suo torpore Den catapultò l'attenzione di tutti su di lui
“Cosa ne sa di mia moglie?”
“Sig. Den, non sono un veggente, se è questo che mi chiede.”
“Non mi prenda in giro. Io sono stato catapultato qui da una serie di visioni, ci deve essere un collegamento e lei lo sa”
“Già. E lei dovrebbe saperne anche la conclusione”
“Cosa intende dire?”
“Intendo dire che la nebbia sembra tenga traccia delle informazioni ricavate dalle persone che vengono “colpite” da essa. La spiegazione che posso darle a tutto questo è che July sia stata uccisa dalla nebbia. Come molte altre persone. E di questo io non posso farci nulla”
Den apparve colpito nella parte più intima di se. Era pronto ad una risposta così, ma forse fu più l'impotenza del dottore a disarmarlo
“No, ma lei può e deve farmi sapere perché sono stato guidato fino a qui. E' stata una sua manipolazione?”
“No.”
“Allora DEVE esserci un motivo. O July è ancora cosciente da qualche parte, o qualcuno vuole dirmi qualcosa, ed io devo saperlo. Come faccio ad andare al di là del muro?”
“Credo che non sia la migliore delle idee. Per quanto ne so il lato esterno del muro è ancora poco vivibile.”
“Ne è sicuro?” chiese Hive
“Pensa che stia a giocare a tetris qui? Ne sono sicuro, si.”
“Prima di voler intraprendere un viaggio suicida verso l'altro lato del muro direi che potremmo fare un esperimento, che ne dice?”
“L'ultima volta che abbiamo fatto un esperimento una sua collega è finita a 10 centimetri da terra grazie alla mia mano destra, quanta voglia ha di un'esperienza così?” quando parlava ormai era sempre più alterato
“No Sig. Den, ma le posso garantire che questa prova potrebbe aiutarla ad entrare in contatto con questo contatto che lei ha
Che ne pensa?”
Den si fermò un secondo. Girando lo sguardo tutt'intorno focalizzò le tre porte che permettevano l'accesso alla sala, i monitor alle pareti, il pavimento metallico opaco contro il quale le scarpe non facevano comunque rumore, negli schermi c'era un all green, un campo da golf immacolato di perfezione, il muro non avrebbe ceduto prima di lui. Aveva notato fin troppe cose ma solo di una era sicuro: Lo stavano cercando di controllare.
“Penso che ho bisogno di rifletterci un pò. Siamo finiti qui in fretta e non so se questa è davvero la strada giusta.”
Lo scienziato lo guardò. non certo stupito della risposta ma sicuramente rincuorato della sua sanità
“Direi che è piuttosto normale. Se desiderate potete restare qui per qualche giorno, sarò felice di illustrarvi tutto quello che questa stazione interna ha da offrirvi sia come tecnologia che come servizi. Qualora invece vogliate andarvene beh, non opporrò certo resistenza. Ho da continuare le mie già complicate analisi dopotutto.
Adesso, se mi scusate tornerei qualche ora in laboratorio, per terminare alcuni studi che avevo iniziato stamani, prima del vostro incontro.”
Il dottore uscì senza voltarsi, non un cenno, un ‘incertezza. Niente di niente. Pareva piuttosto sicuro della sua direzione.
Den, Carlos ed Hive invece rimasero lì. Il monitor diceva “Stato ok”, il riflesso sul pavimento diceva “verde” e la testa di Carlos diceva “Che cazzo stiamo facendo?”
“Che cazzo stiamo facendo?” disse esternando i suoi pensieri
“Giovanotto, che intende?”
“Siamo arrivati fin qui per un motivo. Non stiamo facendo i supereroi. Vogliamo trovare July e toglierci tutti questi casini di mezzo, giusto?”
“Certo, ma siamo anche in un posto assolutamente unico. Non credo ci ricapiterà di nuovo un'occasione così. Siamo DENTRO il muro, se ne rende conto?”
L'eccitazione di Hive era fin troppo palpabile e forse anche troppo anomala.
“Professore, sta bene? Da quando è qui ha un'aria strana” argomentò il sergente
“Certo figliolo. Che mai dovrei avere? E' solo che, trovarmi di fronte ad una cosa così mi incuriosisce. Non sa per quanto tempo l'ho studiata, sognata, desiderata. Ed ora che sono qui, beh, non so da che parte iniziare”
Distruggerla, forse? Dovrei aspettarmi un attentato da parte del professore? Carlos era incerto. In situazioni come questa c'erano troppe variabili in gioco, troppi dettagli che gli sarebbero sfuggiti. Un poliziotto in cerca della moglie ed un professore in cerca di vendetta. Dei tre era l'unico che si salvava, o che almeno salvava il proprio senno.
“Comunque penso che dovremmo riflettere sul da farsi. Io sono qui perchè voglio aiutare Den, quindi sappi che puoi contare sul mio aiuto”
“Ti ringrazio Carlos, apprezzo davvero il tuo supporto”
“Sai, in caserma ci insegnarono a non aver troppi legami sul groppone. E' in casi come questo che io posso permettermi di andare avanti così senza mai voltarmi indietro.” bella frase, pensò.
“Io invece, vorrei un pò di tempo per riflettere. Queste allucinazioni devono significare qualcosa. Ne sono sicuro. Barnard castle. Cosa potrà mai voler dire?”
“Non lo so figliolo, ma di certo tu hai visto più cose di noi.”
o forse, pensò, ne vedrai.

Den girovagò per quella che sembrava una struttura a labirinto. Ogni corridoio della stazione interna sembrava identico agli altri fatta eccezione per i cartellini appoggiati alle porte.
Tutti nomi di dottori. Non una sala per le guardie.
Svoltò sulla destra in un corridoio che portava ad una biforcazione, il muro superiore, anch'esso in metallo, era poco più alto di lui, sufficiente a far passare una persona di alta statura.
Alla biforcazione, sulla destra, intravide una stanza a vetro ed un colore: oro.
Si avvicinò. La stanza aveva anch'essa un cartellino: Dottor Jeremy Nascar.
L'intera stanza era a vetro, il suo interno però era totalmente nascosto dalla nebbia. Nebbia dorata sigillitata dentro la stanza. La porta era sigillata in maniera ermetica e chiusa in un modo che sinceramente non riusciva neanche ad immaginare. Come poteva la nebbia stare lì?
“Barnard Castle è una cittadina come tante altre, ma non come tutte le altre. Fu l'inizio. L'inizio di qualcosa.”
Den vide un corpo per terra, disteso, e poi sotterrato, sotto metri cubi di terra.
“Capitano cose strane a Barnard Castle.”
Un uomo. Stava guardando il cadavere di un uomo. Sulla quarantina, la pelle sciupata per il freddo.
“Fu richiesto di evacuare. Come in ogni città, e come in ogni città le persone si allontanarono da quel posto che sarebbe stato distrutto.”
Poi dei flash, come impulsi elettrici, lampi che attraversavano piccoli corridoi infinitamente lunghi, e poi ancora un uomo, la barba incolta, con la fame dovuta alla carenza di cibo.
Un barbone.
“Accadono cose strane a Barnard Castle, cose molto strane.”
“Bellissimo vero?”
la voce di Hive lo fece saltare in piedi.
“Ehi figliolo, rilassati. Non ti voglio mica uccidere”
Dall'allucinazione alla realtà. Non gli era mai capitato con così tanta violenza.
“Sai, la prima volta che vidi la nebba ne ero estasiato. Era davvero bellissima. E ancora, se ripenso a tutta quell'immagine, beh, mi sembra quasi angelica. E' un peccato che non sia Dio ad averla creata.”
“Cosa sarebbe cambiato?”
“Semplice. Ciò che Dio crea, solo Dio può distruggere”

Til next time,
Francesco e Andrea at 00:00

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